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Germano

WHERE THE STREETS HAVE NO NAME

Questa canzone è dedicata ad un amico, una persona che ama alla follia Streets e che condivide la sua gioia per gli U2 con tutti: Rosario “ZioTV” Garra


Le note dell'ultima canzone che suonano ancora nella testa riverberano tra la folla ancora estasiata è pronta a scatenarsi. Il vapore sembra alzarsi sopra la testa di tutti mentre le luci gli schermi si spengono all'improvviso. Un secondo, che sembra lungo più di un’ora. Poi, improvvisamente, ogni cosa sul pacco diventa rossa. Lo schermo rosso ardente, le luci intorno allo stadio, i fari sopra la gente. Solo il suono delle bacchette di Larry appunto a scandire il tempo.

Ta-ta-tac ; Ta-ta-tac

Finché Edge attacca uno dei riff più famosi della storia della musica, un incalzante arpeggio sempre più veloce. La batteria aumenta il tempo e con essa le note sempre più veloci. Finché tutto esplode in un accecante luce bianca. Lo schermo si illumina completamente e ogni luce dal rosso vira al bianco mentre un unico boato si alza dal pubblico.

A seguirlo, come a mimare la corsa di cavalli bianchi lungo la valle, il basso di Adam che sembra far esplodere le casse. I cavalli imbizzarriti scendono dal palco e invadono il pubblico che estasiato comincia a saltare sul posto.

Questo è l'inizio di una delle canzoni più famose degli U2, tra le più famose del rock, probabilmente una delle più famose dell'intera musica moderna. “Where the streets have no name” (streets per i fan) è questo. Ma è anche molto di più: un inno alla libertà e alla scoperta di sé stessi.

Descrivere o trovare un racconto che possa in qualche modo equipararsi all'immensità di Where the streets have no name è praticamente impossibile.


Nella storia ufficiale il brano si ispira ad un viaggio di Bono e Ali in Etiopia subito dopo il Live Aid, subito dopo Bono unisce quell'esperienza a qualcosa di diverso.

Il primo testo Bono lo abbozza così:

«Ho cercato di descrivere i deserti e la siccità, e ricordo di avere scritto quelle parole in una piccola tenda su un sacchetto per il mal d’aria che mi era rimasto in tasca dopo essere sceso dall’aereo. È un testo strano, che al di fuori del contesto in cui mi trovavo non ha molto senso. Però contiene un concetto significativo: nel deserto incontriamo Dio. Nei periodi di miseria scopriamo davvero chi siamo».

Però poi Bono lo unisce alla sua terra. Ad un racconto che aveva sentito a Belfast:

«Una storia interessante che mi raccontarono una volta è che a Belfast, a seconda della via dove qualcuno abita si può stabilire, non solo la sua religione ma anche quanti soldi guadagna: addirittura a seconda del lato della strada dove vive, perché più si risale la collina più le case sono costose. Puoi quasi dire quanto guadagna uno dal nome della strada dove abita e su quale lato della strada ha la casa. Questo mi disse qualcosa, e così cominciai a scrivere di un posto dove le vie non hanno nome

I want to run,

I want to hide

I want to tear down the walls

that hold me inside

I wanna reach out and touch the flame

Where the streets have no name

Voglio correre,

voglio nascondermi

Voglio abbattere i muri che

mi trattengono dentro

Voglio arrivare e toccare la fiamma

Dove le strade non hanno nome


“Streets” parte dall’Africa. Dalla mamma Africa, come la chiamano i nostri fratelli nati in quel continente. Parte dalle strade polverose dell’Etiopia per finire nei cuori di tutti noi.

Gli U2 parlano di una città immaginaria dove non ci sono differenze sociali, dove tutti gli uomini sono uguali e vivono nell'amore. La batteria di Larry e potente e segue con precisione le note di Adam. Edge, magistrale, inventa un giro tanto semplice quanto efficace. Ma quello che più di tutto fa questa canzone è coinvolgere. Streets è un fiume in piena. Che travolge con amore e gioia ogni persona che la ascolti. Bono sottolinea il tutto con una potenza espressiva vocale altissima.

Finisce come inizia, Streets, finisce sfumando ancora sulla chitarra di Edge.

Ancora le tastiere di Eno, come all'inizio, mantenendo intatta la magia del brano.

I want to feel sunlight on my face

I see that dust cloud

disappear without a trace

I wanna take shelter from the poison rain

Where the streets have no name, oh oh

Voglio sentire la luce del sole sul volto

Vedere quella nuvola di polvere

Svanire senza lasciare traccia

Voglio ripararmi dalla pioggia avvelenata

Dove le strade non hanno nome oh oh


Mai come in Streets il senso di condivisione, unità e di fratellanza si sente così forte. Nei live la canzone è un momento catartico. Pieno di vera gioia che porta quasi a una sensazione estatica di pura condivisione. Dov'è la felicità è quasi palpabile.

Condivisione e felicità ecco il senso della canzone in due parole.

Lo sa bene Christopher McCandless Che nel 1992 decise di inseguire il proprio sogno. Christopher decise di inseguire la felicità.


Where the streets have no name

Where the streets have no name

We're still building

then burning down love

Burning down love

And when I go there, I go there with you

It's all I can do

Dove le strade non hanno nome

Dove le strade non hanno nome

Stiamo ancora costruendo

e riducendo in cenere l’amore

riducendo in cenere l’amore

e quando andrò là, andrò là con te

È tutto ciò che posso fare


Chris e di buona famiglia. Il padre lavora per la Nasa e la madre è un’impiegata. Ha ottimi voti e si laurea senza problemi vincendo poi una borsa di studio in antropologia. Ma Chris cova dentro un fuoco che non riesci a spegnere. Gli scontri accesi con il padre acuiscono queste sue inquietudini. Chris odia il mondo che lo aveva cresciuto. La lotta sociale, l’arrivismo e il capitalismo estremizzato che vive in casa non fanno per lui.

E cosi Alex prende 24.000 dollari che aveva risparmiato e li dona alla Oxfam, e parte. A bardo di una scassata auto gialla va verso il deserto del Mojave. Quel deserto che poi sarà da sfondo proprio alle foto del Joshua Tree Album.

Anton Corbijn, il famoso fotografo che da ora in poi li accompagnerà per molte foto, li porta in mezzo a quel deserto, diventato poi meta anche per molti fan. Immortala i 4 davanti all’albero di Giosuè. Tra sabbia, sassi e serpenti a sonagli gli U2 partono per il loro viaggio. E lo fa anche Chris. Alex, che nel frattempo si cambia nome. Si fa chiamare Alex, Alex Supertramp.

Lascia la sua auto sul fondo di un canale formatosi durante una delle improvvise inondazioni che improvvisamente, causa la pioggia, arrivano veloci lungo i canali secchi del deserto. La troveranno dei ricercatori di fiori rari. Vuota.

Al suo interno una chitarra, un’armonica a bocca, vecchi vestiti e un pallone.

Si porta con sé uno zaino, qualche scatoletta e un diario che lo accompagnerà sempre nel suo pellegrinare per gli Stati Uniti. Dapprima facendo autostop si dirige verso il Messico del nord. Poi decide di risalire a nord. Un viaggio lungo mesi, anni.

The city's a flood

And our love turns to rust

We're beaten and blown by the wind

Trampled into dust

I'll show you a place

High on the desert plain

Where the streets have no name

La città è un diluvio

e il nostro amore si trasforma in ruggine

Siamo sbattuti e sospinti dal vento

camminando a fatica nella polvere

Ti mostrerò un posto

Su in un altopiano deserto

Dove le strade non hanno nome

Durante il suo viaggio Alex incontra molte persone. Passa poche ore con loro. A volte giorni. A volte mesi. Incontra una coppia di hippie che quasi lo adotta per giorno. Con loro conosce l’amore oltre il possesso, una famiglia diversa dalla sua.

Poi va ancora a nord e in nord Dakota si fa assumere per lavorare nelle grandi fattorie della zona dove fa amicizia con un uomo che dirige i lavori del raccolto, con i suoi colleghi. Ancora poi con una ragazza, una cantante. E infine un anziano veterano chiuso nei suoi ricordi.

Dopo due anni di vita passata all'insegna della libertà e dell'indipendenza, senza contatti con la famiglia, Alex arriva in Alaska.

Alex trascorse i suoi ultimi 112 giorni nei boschi dell’Alaska e nel Parco Nazionale di Denali. Li trova rifugio in un vecchio autobus che battezzerà Magic bus.

Li Alex vive cacciando, mangiando radici e scrive il suo diario fino a Luglio del 1992, quando si rimette lo zaino in spalla per tornare a casa ma non riesce. Il disgelo ha gonfiato il fiume che lo divide dalla strada del ritorno, si è spinto troppo oltre. I suoi demoni ora non ci sono più. Svaniti come la neve che disgela piano intorno a lui. Vuole ritornare alla sua famiglia e ha capito sente di aver capito il vero senso della felicità.

Ma Alex, affamato e deperito, mangia per errore delle bacche velenose e va incontro ad una lenta e dolorosa morte. Muore stringendo tra le sue mani il diario sul quale aveva annotato ogni giorno avventure e persone che aveva incontrato.

Lo troveranno due cacciatori settimane dopo, pesava solo 30 kg.

Nel vecchio autobus, accanto al cadavere, furono ritrovati numerosi appunti da lui scritti, una macchina fotografica con cui aveva effettuato degli autoscatti, una borraccia di plastica verde, alcune pastiglie per purificare l'acqua, un paio di pantaloni imbottiti, guantoni di lana, una bottiglia di repellente per gli insetti, un cilindro consumato di burrocacao, una scatola di fiammiferi, un paio di stivali in plastica marrone e alcuni libri di autori quali Lev Tolstoj, Jack London e Henry David Thoreau. Dal suo diario John Krakauer ne ricava un libro tra i più famosi al mondo; “Nelle terre estreme” o meglio “Into the wild”. Che diventa poi la base di uno splendido

film di Sean Penn.


Where the streets have no name

Where the streets have no name

Where the streets have no name

We're still building

then burning down love

Burning down love

And when I go there, I go there with you

Dove le strade non hanno nome

Dove le strade non hanno nome

Dove le strade non hanno nome

Stiamo ancora costruendo

e riducendo in cenere l’amore

Riducendo in cenere l’amore

e quando andrò là, andrò là con te


Il video della canzone è un altro capolavoro. Viene girato a Los Angeles sul palazzo che al piano terra ha un negozio di liquori. Gli U2, come i Beatles prima, improvvisano uno show davanti alla folla che piano piano si accalca sulla strada. La strada che il piano si blocca e, inevitabilmente, devono intervenire le forze dell'ordine. La polizia blocca il concerto improvvisato e cerca di arrestare gli stessi U2. Uno stratagemma che porta i musicisti alla loro massima notorietà e scaglia la canzone nelle vette di tutto il mondo.


Nel suo diario Alex lascia un messaggio a tutti. Inno alla vita e alla felicità.

Messaggio che risuona durante tutti i concerti degli U2. Quando come un unico cuore, i fan cantano insieme sospinti dal vento della musica.


“Happiness is only real when shared”


La felicità è autentica solo se condivisa


C’è questa leggenda che aleggia su Streets. Si narra che ai Windmill Lane studios stavano incidendo la canzone e che Brian Eno stesse spremendo i 4 ragazzi fino al parossismo. Gli aveva fatti provare e riprovare ma non era soddisfatto del risultato.

Allora ha una intuizione: quando il suo collaboratore Pat McCarthy si allontana, finge di cancellare la traccia per errore. Sta per premere il tasto di cancellazione quando rientra il tecnico e viene fermato proprio in quel momento. Streets rimane quella che alla fine ascoltiamo oggi, una canzone tanto maniacalmente perfezionata da prendere un tempo di genesi pari a metà di tutto il disco. Una gestazione lunga e tribolata, di difficile comprensione all’inizio. Tecnicamente inizia in tempo dispari (ricordate le bacchete di Larry) con Chitarra che cresce di intensità fino al momento di divenire un 4/4 con chitarra al doppio della velocità degli altri elementi. Un suono avvolgente e potente. Quel cavalcare che dalle colline si infrange a valle. Impetuoso e inebriante senso di libertà.


VERSIONI

La versione ufficiale del video che tanto fece parlare di sé e che divenne l’inno di tutto il Joshua Tree Tour del 1987.

Il live da brividi allo Slane Castle, da brividi l’urlo immensi di Bono

Sulle note di Amazing Grace inizia la versione al 360 tour

Sulle orme di alex Supertramp, Eddie Vedder scrive una delle colonne sonore più affascinanti e belle per un film. Ne nasce anche “Society”. Piccolo gioiello che racconta la storia di Alex Supertramp.


ADDENDUM 1: notizia di ieri che il magic bus è stato rimosso per motivi si sicurezza dal suo sito originario. Troppi infatti i turisti e gli appassionati della storia che si avventuravano fino al mezzo sfidando ancora la natura e rischiando la vita.

ADDENDUM 2: In queste ore c'è un altro Alex che sta lottando tra la vita e la morte. Un uomo straordinario capace di imprese fuori dal comune. Alex Zanardi è la quintessenza dell'avventura e della sfida. La sua capacita di risollevarsi da ogni problema e affrontarlo con il sorriso è diventata leggendaria. Mai come per lui si può parlare di incontenibile gioia di vivere. Un abbraccio enorme Alez Zanardi. (ndr nel frattempo Alex combatte come un leone e ogni giorno sembra migliorare)



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