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Germano

In God's Country

“Do not spray into eyes- I have sprayed you into my eyes”


Era bella, libera e antifascista. Era seducente e ribelle. La descrive cosi una delle foto che la ritrae. Cosi la descrive anche Helena Janeczek che scrisse la sua storia con il libro “la ragazza con la Leika”. Nata nel 1910, Gerta Pohorylle, fu una delle più grandi fotoreporter giornalistiche della storia. Gerta era questo ma anche molto di più.

La settimana canzone del Joshua Tree album è “In God’s country”, nella terra di Dio. Un testo che accoglie riferimenti biblici tipici del Bono pensiero, miscelati sapientemente ad un sapore di deserto è liberta che permea tutto il disco. Dal deserto che fiorisce (desert rose) al chiaro riferimento al libro di Giosuè (Joshua appunto).

Desert sky

Dream beneath a desert sky

The rivers run

But soon run dry

We need new dreams tonight

Cielo di deserto

Sogna sotto un cielo di deserto

I fiumi scorrono

Ma presto si asciugheranno

Abbiamo bisogno di nuovi sogni stanotte

Abbiamo bisogno di nuovi sogni. Così finisce la prima strofa della canzone.

Con questa frase tanto emblematica quanto potente. Ecco anche Gerta aveva bisogno sempre di nuovi sogni. Sempre di nuove scoperte, nuove avventure attraverso le terre di Dio.

Gerta nasce in Polonia da una famiglia di ebrei polacchi, ama lo sport, la moda e ha un carattere forte e ribelle. La sua adolescenza la passa a Lipsia, tra movimenti di lavoratori, scioperi e lotte contro il crescente partito nazista. Ma quando finisce in carcere e viene interrogata i suoi genitori capiscono che è tempo di cambiare aria. I suoi genitori la vorrebbero in Palestina, dove stanno per scappare prima dell’inizio della guerra. Ma lei sente di voler andare a Parigi.

“In una città come quella lei poteva diventare qualcosa”.

Così lascia i suoi genitori, la casa di Lipsia e gli affetti e finisce a fare la segretaria a Parigi. Per arrotondare trova pure un lavoro da modella e un altro come traduttrice. Risparmia tutto per poter poi vivere la sua vita la sera. Tra Bistrot e bar alla moda dove sogna di diventare report. Di scrivere e raccontare quello che succede. Dovunque vada, Gerta incanta tutti. Uomini ricchi, squattrinati e curiosi che vivono nelle strade della Ville Lumière.

Una sera esce con la sua coinquilina, Ruth, ridono per strada e si dirigono serene in un bistrot a Montparnasse. Parigi nonostante sia il 1935 non sembra affatto sentire gli effetti di una guerra imminente. Seduta al tavolo si accende una sigaretta e, immagino, ad accendergliela arriva l’amico di Ruth, Endre. Endre Fredman è un giovane ungherese, scappato dalla sua patria perché ebreo, anche lui. Comunista e antifascista, finito in carcere poi uscito e scappato a Parigi. Fa il fotografo ed è in cerca di avventura.

Desert rose

Dreamed I saw a desert rose

Dress torn in ribbons

And in bows

Like a siren she calls (to me)

Rosa del deserto

Ho sognato di vedere una rosa del deserto

Dal vestito strappato in nastri

Ed in fiocchi

Come una sirena lei grida (verso di me)

Immagino lo sguardo di Gerta, il suo sorriso ipnotico. Seduta con le gambe accavallate e la gonna che scopre il ginocchio. Spigliata e provocante. E poi vedo gli occhi di Endre, neri e curiosi. I capelli neri che incorniciano un viso magro e asciutto. I due finiscono per parlare tutta la notte, tra bicchieri di vino, sigarette e sogni. Ne nasce un amore spontaneo e senza pretese.

Una notte fredda a Parigi. La neve sembra voler scendere sui tetti ripidi della città. Gerta e Endre sono stesi sul letto. Fumano calmi dopo aver fatto l’amore.

Gerta guarda fuori e poi ride.

Perché non cambiamo nome?” chiede senza girarsi e continua “sai dovremmo trovarci dei nomi d’arte e diventare qualcuno

cosa stai dicendo?” rispose Capa mettendosi su di un fianco

Vedi alla fine un nome è importante e per noi, che qui ci stiamo inventando tutto, sarà facile inventarci un nome, una storia, una vita…

E così poco dopo Gerta e Endre, si inventano un espediente per farsi pubblicità e trovare un lavoro come fotografi. Gerta diventa Gerda Taro (quasi anagrammando Greta Garbo) e Endre per la stessa logica si trasforma in Robert Capa (prendendo il suono per così dire del nome di Frank Capra). Gerda spaccia il fidanzato come noto fotografo americano in gita a Parigi nei salotti buoni della città. E lo stratagemma funziona perché cominciano ad avere successo e commesse. Tanto che i giornali li vogliono come reporter e fotografi. Ma sono due persone inquiete, affamate di luce, di mondo, di esperienze. Taro e Capa inseguono i loro sogni e nel 1936 decidono di andare in Spagna. Li vogliono fotografare e scrivere della guerra civile spagnola. Raccontare di cosa sta succedendo tra l’esercito nazionalista di Francisco Franco e i repubblicani.

Le prime prove della Seconda guerra mondiale. Robert Capa li scatta una delle più famose foto della storia. Quell'uomo colpito al petto che nell'atto di morire apre le braccia al nemico. Foto emblematica di un mondo che sta velocemente scivolando verso il conflitto mondiale.

Capa scatta diversi rullini e ritorna di corsa a Parigi per poterli consegnare al giornale. Rimane invece sul campo Gerta. Lei vuole andare di nuovo al fronte, a vedere cosa succede durante la rappresaglia delle forze naziste.

Saluta Robert con un bacio sulle labbra. Il sapore di sale e rossetto mentre con una mano gli tiene il viso. Poi già si gira verso il convoglio. Le macchine fotografiche a tracolla. Le sue armi. I pantaloni attillati che si stringono per infilarsi sugli anfibi. Una camicia verde scuro e un cappello a raccoglierle i capelli. Non si gira neppure Gerta. Va incontro alla sua vita nei campi di Brunete.

Sleep comes like a drug...

In God's Country

Sad eyes crooked crosses...

In God's Country

Set me alight

We'll punch a hole

right through the night

Everyday the dreamers die

To see what's on the other side

Il sonno arriva come una droga...

Nel Paese di Dio

Occhi tristi croci piegate...

Nel Paese di Dio

Accendimi

Con un pugno faremo un buco

proprio attraverso la notte

Tutti i giorni i sognatori muoiono

Per vedere cosa c'è dall'altra parte

Ogni giorno i sognatori muoiono per vedere cosa c’è dall’altra parte. Questa frase potrebbe stare a descrivere le ultime ore di Gerda Taro.

Al ritorno da quel campo, dopo una giornata di guerriglia Gerta si aggrappa al predellino di una jeep per tornare al campo. Sul convoglio che lentamente si dirige al campo base sembra ci sia un attimo di tregua. Sembra che tutto possa cambiare, ma domani. Non oggi. I rullini pieni di scatti. In una borsa di cuoio appesa al collo. Il sole del tramonto a illuminarle le spalle. Poi un boato.

Il sole che diventa scuro per un secondo e alcuni aerei del fronte nazionale sulle loro teste. Mitragliano il convoglio. Ne nasce una fuga scomposta con Gerta ancora aggrappata all'auto. Il corpo all’esterno subisce un sobbalzo dopo una buca. Cade in terra. Su di lei, senza neppure poterla vedere, i cingoli di un carro armato. La spezzano letteralmente in due.


Le urla si alzano alte sul campo di battaglia. Gerta non muore, urla e si dimena. Il corpo spezzato. Le mani piene di sangue. A tenere la pancia chiusa e stringere la borsa. Non vuole morire Gerta. Si aggrappa alla vita. I militari la raccolgono, come si fa con un giocattolo rotto, la adagiano piano sul retro dell’auto e corrono dai medici che, vista la situazione, non possono che fare di no con la testa. Dopo numerose sacche di plasma, antidolorifico e una operazione interminabile Gerta è ancora aggrappata alla vita. Cosciente. Chiede delle sue foto, dei rullini. Vigile, con tanta morfina da far addormentare un cavallo, la ragazza con la Leika chiede notizie dal fronte. Vuole che le sue foto vengano spedite. Che Capa possa averle. Morirà il mattino del 26 luglio del 1937.

She is Liberty

And she comes to rescue me

Hope Faith, her vanity

The greatest gift is gold

Lei è Libertà

E viene per salvarmi

Fede Speranza, la sua vanità

Il più grande regalo è oro

L’ultima foto la vede sanguinante. Calma. La saluteranno a Parigi, in un immenso funerale amici e ammiratori. Tra loro Giacometti, Pablo Neruda e Luis Aragon. Silenzio e lacrime con la faccia scura, di pietra, di Capa che da quel momento non si fermerà più. Capa rimane cosi scosso da quel suo sacrificio, da quella perdita, che porterà per sempre quel vuoto dentro di sé. E così dai campi della Spagna partirà per un viaggio lungo una vita. Sprezzante del pericolo. Se ne va a New York durante la guerra. Lavora per Life e finisce in Algeria, Tunisia e infine si fa paracadutare in Sicilia. Li si unisce alle truppe americane che sbarcano in Sicilia nel 1944. Assiste e fotografa la liberazione di una Italia agricola e ferita.

Immagini crude, reali. Campi di terra e uomini diversi che si incontrano.

Dai campi dell’Italia alle spiagge di Omaha Beach durante lo sbarco degli alleati. Capa è li con i soldati. Tra la schiuma del mare salato e le pallottole tedesche. Capa sbarca insieme ai soldati, con la sua camera fotografica, finisce sotto i colpi dei tedeschi, riesce ad arrivare a terra, si rifugia dietro ad tank semi-distrutto e comincia a fotografare l’inferno che vede attorno. Scatta, si nasconde, cambia una pellicola e scatta ancora: soldati che muoiono, cadaveri che galleggiano, pezzi di corpi sparsi sulla battigia. E me lo immagino di fronte alla morte, il rumore assordante dei cannoni, il volo radente degli aerei. La sua macchina fotografica stratte tra le mani. La voce di Gerta che gli diceva sempre:

davanti all’orrore della guerra devi scattare sempre tre volte


Di quegli scatti se ne salvano solo 10, salvati da un errore di sviluppo.

Ma Capa non si ferma. Con Henri Cartier Bresson e David Seymour fonda la più famosa agenzia fotografia del mondo. Quella Magnum che sarà la punta di diamante delle agenzie fotografiche del mondo odierno. Capa non si ferma, cerca altri deserti, altri campi. Vola nel nuovo stato di Israele e poi ancora altrove. La sua fama di fotografo precede la sua fame di realtà.

Fotografa senza paura. Senza mai retrocedere e senza mai temere per se stesso.

Incontra altre donne, uomini, persone e voci ma il vuoto di Taro resta.

Sleep comes like a drug...

in God's Country

Sad eyes crooked crosses...

In God's Country

Naked flame

She stands with a naked flame

I stand with the sons of Cain

Burned by the fire of love

Burned by the fire of love

Il sonno arriva come una droga

nel Paese di Dio

Occhi tristi croci piegate,

nel Paese di Dio

Fiamma scoperta

Lei resta con una fiamma scoperta

Io resto con i figli di Caino

Bruciati dal fuoco dell'amore

Bruciati dal fuoco dell'amore

Alla fine, anche Robert Capa trova la morte. In Indocina nel 1954. A seguito di una squadra delle truppe francesi ad est di Hanoi segue gli scontri che diventeranno poi il proscenio della guerra in Vietnam. Sulla via del ritorno, come Gerta, scattando le ultime foto Capa mette il piede sopra una mina. Era sopra una collina a fotografare la colonna dei soldati su una grande radura.

Altra terra, altra vegetazione. Attraverso i campi di Dio per fotografare la realtà.

Una delle sue foto meno note è questa sotto riportata dove dei bambini cinesi giocano sulla neve. Bambini che fingono una guerra. Una delle tante guerre che poi Capa vedrà in giro per il mondo. Tra deserti e sole. Tra giungle e campi di battaglia. Correndo tra i paesi e oltre i confini. Nel giardino di Dio.

Come abbiamo detto i riferimenti biblici in questa canzone sono moltissimi a volte occulti e in altri casi palesi. Nei primi versi la Terra Promessa, ovvero la terra di Dio, viene decantata attraverso il libro fi Giosuè (3:13). Le citazioni di fiumi che scorrono, si ritraggono, si asciugano fanno pensare a valli feconde e fiumi storici come il Giordano.


«Le acque che scorrevano da monte si fermarono e si levarono come un solo argine molto lungo a partire da Adam, la città che è dalla parte di Sartàn. Le acque che scorrevano verso il mare dell’Araba, il Mar Morto, si staccarono completamente» (Giosué 3:16).

Evidente poi il riferimento biblico delle “croci piegate” che fa pensare alla crocefissione sul Golgota. Ma anche le tante, troppe croci dei morti in battaglia che Taro e Capa vedono nel loro percorso. Croci a volte non allineate, piegate su se stesse, improvvisate, a testimoniare la fine di una vita.


Quasi ironico il modo in cui Bono poi modifica a suo piacimento, con sorriso sornione, la lettera ai Corinzi 13:13 : “And now abide faith, hope, love, these three; but the greatest of these is love

Dove l’amore diventa oro. Quasi a sbeffeggiare la ricerca di cose materiali tipiche dell’uomo moderno. E infine l’ultimo riferimento, intenso: io sto con i figli di Caino!


Come al solito Bono gioca a specchio con le parole. Sta dalla parte dei peccatori, di Caino. Si schiera tra gli uomini che sbagliano ma che vengono bruciati dall'amore.

Nessuno tocchi Caino” tuonava il Creatore scacciando il figlio di Adamo ed Eva dalla terra promessa. E dalla terra promessa escono le progenie dell’uomo moderno afflitto da guerre, carestie e dolore. Terre desolate dove arriverà l’acqua dell’amore troppe volte annaffiate dal sangue di uomini e donne.


Da ultimo impossibile non citare la canzone Taro, degli Alt-J; un piccolo capolavoro musicale che regala il giusto tributo a questa storia di amore e fotografia.

Robert Capa, Children playing in the snow, Hankou, China, March 1938.

VERSIONI

Il video tratto dal documentario di MTV “U2 Outside it’s America”

Il mitico Live a Parigi del 1987 con un meraviglioso Edge in una versione più accelerata della canzone.

La versione live della canzone nel tour celebrativo del 1987. L’audio meraviglioso regala ancor di più il piacere della chitarra di Edge.

La versione ufficiale di Taro degli Alt-J, che regala emozioni e colori sempre nuovi. 

Di questa canzone si potrebbe parlare per ore. Dal riferimento al Pi Greco, alle espressioni in francese. Fino al finale con quel "Hey Taro" quasi entusiasta. Capa ha finalmente realizzato il desiderio rincontrare l’unica donna che abbia mai amato.

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